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L'attività antropica ha sensibilmente modificato, sia sotto l'aspetto qualitativo che quantitativo, l'originaria fauna ittica delle acque dolci italiane; si tratta di un processo di trasformazione che ebbe origine in tempi lontanissimi, e che ha avuto dimensioni ed importanza via via crescenti nel corso degli ultimi 150 anni. Le cause vanno ricercate in varie e complesse situazioni, più o meno strettamente correlate, come l'aumento e la concentrazione della popolazione umana, lo sviluppo dell'industria e dell'agricoltura, la modificazione degli ambienti (cementificazione degli alvei, costruzione di manufatti vari , smodato prelievo idrico), l'irrazionale sfruttamento delle risorse naturali (Gandolfi et al.,1991). Anche l'attività alieutica, esercitata nelle nostre acque interne sin dalle epoche più remote, ha sensibilmente influenzato l'ittiofauna, talvolta a seguito di prelievo diretto, molto più frequentemente per le introduzioni di nuove specie, ritenute più idonee alle esigenze alimentari e di&laqno;mercato», e più genericamente per una politica gestionale scriteriata, che solo di rado veniva effettuata sulla base di conoscenze scientifiche. Per secoli la pesca professionale venne esercitata da un gran numero di persone e rappresentò una notevole risorsa economica per le comunità rivierasche; già a partire dai primi decenni del 1900 si è andata progressivamente riducendo, fino ai giorni nostri, in cui essa è pressochè scomparsa dalla nostra Regione. Parallelamente al suo declino si è enormemente sviluppata la pesca sportiva, che attualmente conta molte migliaia di praticanti raggruppati in una miriade di circoli privati ed associazioni per lo più operanti a livello locale. Da sempre quindi, come precedentemente accennato, la forte richiesta di ittiofauna ha determinato un persistente e talora massiccio ricorso ai ripopolamenti effettuati dall'uomo, che hanno letteralmente stravolto le originarie popolazioni ittiche degli ambienti acquatici italiani; d'altro canto non è di consolazione il considerare come questo fenomeno non sia ristretto al nostro Paese, ma sia stato riscontrato in ogni parte del pianeta, talora con effetti catastrofici sull'ambiente.
Uno dei principali problemi che si verificano spesso in seguito a ripopolamenti è l'immissione di pesci esotici. Attualmente nelle acque dolci d'Italia esistono un buon numero di specie non autoctone, originarie dell'Europa transalpina, Asia, Nord America ed Africa, apparse nei nostri ambienti acquatici sia per volontà dell'uomo che in seguito ad introduzioni accidentali. Anche in Piemonte la presenza di taxa alloctoni è pronunciata, e purtroppo in ulteriore accentuazione, particolarmente nell'area planiziale: qui, infatti, gli ambienti acquatici presentano delle caratteristiche fisiche e biologiche favorevoli a molte specie esotiche, che generalmente sono limnofile ed euriterme; poche specie alloctone di Salmonidi, famiglia di Osteitti per lo più stenotermi di acque fredde, si rinvengono in corsi d'acqua ed ambienti lentici montani. Come si rileva dall'elenco proposto nella pubblicazione della Regione Piemonte (1992), su 54 specie di pesci presenti in Regione ben 24 risultano estranee alla fauna locale; questa cifra già di per sé elevata deve essere aggiornata includendo anche il Ciprinide asiatico Pseudorasbora parva, di recente segnalazione (Balma & Delmastro, 1995) e sicuramente altri pesci appartenenti agli ordini degli Acipenseriformi, Cipriniformi, Siluriformi e Perciformi dei quali si hanno solo notizie ufficiose che potranno essere verificate nel futuro più prossimo. In definitiva la percentuale delle specie esotiche rispetto al totale può essere stimata intorno al 50%, con una tendenza all'aumento che al momento attuale non mostra ancora segni di inversione. Del resto la presenza di taxa esotici in natura ed in particolare di specie acclimatate e talora ben radicate sul territorio non è certo un fatto esclusivo dell'ittiofauna, ma coinvolge un elevatissimo numero di gruppi sistematici, sia in ambito zoologico che botanico. Oltre ai rimarchevoli danni spesso subiti dal nostro patrimonio naturale è tutt'altro che trascurabile il dispendio di energie e di risorse economiche che vengono impiegate per contrastare - e non sempre con risultati definitivi e soddisfacenti - la diffusione sul nostro territorio delle specie indesiderate: tra i molteplici esempi da citare ci si limita a ricordare i casi della Nutria (Myocastor coypus) e dello Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) In conclusione l'introduzione di una specie esotica sul nostro territorio può rappresentare un evento di facile realizzazione, i cui risvolti negativi non vengono mai troppo seriamente considerati; una imperdonabile leggerezza che spesso viene pagata a duro prezzo dalla comunità.
In cosa può consistere il rischio di introdurre una specie non autoctona? Riprendendo quanto scritto da Delmastro (1988) bisogna considerare che "...i delicati e complessi meccanismi che regolano la vita ed i rapporti tra i vari gruppi animali e le molte specie, e tra queste ultime e l'ambiente in cui vivono, sono il risultato di un lentissimo e quasi precario processo di stabilizzazione maturato in milioni di anni, che può essere infranto, anche con l'introduzione di una specie esotica». In particolari circostanze gli effetti delle introduzioni di esotici sono tanto negativi da determinare addirittura estinzioni di specie endemiche. In Nord America durante l'ultimo secolo è stata documentata l'estinzione di 3 generi, 27 specie e 13 sottospecie di pesci: l'alterazione fisica degli habitat viene citata come causa o concausa dell'estinzione nel 73% dei casi, seguita dagli effetti negativi determinati da specie introdotte nel 68% !!; seguono l'alterazione chimica degli ambienti (38%), l'ibridazione (38%) ed infine l'eccessivo prelievo (15%) (Miller et Al.,1989). In Africa, a proposito del grande Lago Vittoria, Goldschmidt et Al. (1993) riferiscono su di un evento ancora più catastrofico: qui negli anni ottanta l'introduzione della Perca del Nilo (Lates sp.) ha determinato la distruzione di circa il 65% dei Ciclidi Haplochromini endemici; l'eradicazione di circa 200 specie di Osteitti in meno di una decade rappresenta l'estinzione più rimarchevole verificatasi tra i Vertebrati durante questo secolo; il complesso ecosistema del Lago Vittoria è stato irreversibilmente distrutto con l'introduzione di una sola specie esotica! Più frequentemente, e comunque limitandoci a ciò che è sinora capitato nelle acque interne italiane, si assiste a riduzioni più o meno marcate delle popolazioni native, sia a livello locale che su larga scala. Su tali argomenti, di così triste attualità, esiste una enorme produzione bibliografica mondiale, in parte riassunta da Welcomme (1988). Anche in Italia vari Autori si sono occupati di queste problematiche: Delmastro (1986), cui si rimanda, elenca una circostanziata serie di situazioni; secondo quest'ultimo Autore nel nostro Paese ed in Piemonte effetti negativi sulla fauna autoctona sono riconducibili alle seguenti tipologie di fenomeni:
Non è superfluo ricordare che frequentemente <> non si verificano solo tra specie ittiche, ma anche tra Osteitti esotici ed altri Vertebrati: si citano gli esempi della predazione da parte di Salmonidi, Centrarchidi ed Ictaluridi nord-americani di uova e stadi larvali di Anfibi Urodeli ed Anuri (sono note diminuzioni o estinzioni a livello locale di alcune specie, tra cui Salamandrina tergiditata e Rana temporaria), e la competizione con l'avifauna acquatica (anatre e folaghe). Effetti negativi più o meno gravi sono certamente subiti anche dalla cosiddetta fauna minore, come le innumerevoli specie di Artropodi acquatici; tuttavia la valutazione di questi fenomeni è estremamente ardua, e bisogna denunciare la nostra attuale ignoranza in un campo così vasto e di difficile indagine.
Questa breve introduzione giustifica e sottolinea un sollecito e deciso intervento sulla politica gestionale rivolta alle nostre risorse ittiche, al fine di prevenire totalmente - o per lo meno limitare al massimo - le possibilità di introduzioni di nuove specie esotiche. Si tratta di una impellente necessità, richiamata assai frequentemente in ambito scientifico e più raramente considerata anche in sede legislativa, che nonostante la sua grande importanza trova ancora notevoli difficoltà di applicazione per la scarsa considerazione o il netto rifiuto che suscita a livello politico; in genere non si ottiene maggiore collaborazione da associazioni di pescatori e vari enti, pubblici e privati. Una seria regolamentazione in materia, seguita da efficaci controlli repressivi risultano quindi indispensabili, ma andrebbero comunque affiancati da una campagna di informazione e sensibilizzazione. Soprattutto nei numerosi laghetti gestiti da pubblici e privati, ed adibiti ad attività alieutica amatoriale, le pratiche di ripopolamento vengono effettuate, oggi più che mai, con impressionante frequenza e senza il minimo scrupolo; l'unico scopo è di appagare l'insaziabile desiderio dei pescatori sportivi di catturare nuovi pesci&laqno;sconosciuti»: così, ultime in ordine di tempo, sono apparse nelle nostre acque piemontesi alcune specie di Storioni (Acipenser spp.), Tilapie (cfr. Tilapia) e pesci gatto africani (cfr. Clarias sp.). Sia il reperimento sul mercato che le fasi tecniche del rilascio in natura sono oggigiorno facilitate da vari fattori, come il buon numero di ditte che trattano senza grossi scrupoli questo tipo di merce e la celerità dei trasporti, che possono facilmente annullare tempi e distanze anni orsono insormontabili; lo stesso abbattimento delle frontiere, ed i diminuiti controlli doganali, hanno notevolmente accelerato la libera circolazione delle merci. In sostanza anche in questo campo produttivo si è venuta creando una considerevole fonte di interessi economici che non sarà certo facile regolamentare, anche perché una seria politica di gestione ambientale non sempre va nella direzione attualmente indicata di un mercato&laqno;libero e globale». Nella Carta Ittica della Regione Piemonte (1992) sono contenuti degli efficaci suggerimenti per una corretta pianificazione delle pratiche ittiogeniche; tra il resto va ribadita l'affermazione che&laqno; i ripopolamenti vanno effettuati solo quando sono necessari, nella misura adeguata alle esigenze e all'interno di una politica gestionale complessiva ed organica». La legge regionale n°7 del 18.02.1981 (titolo IV, art.18) vieta l'introduzione nelle acque regionali di specie ittiche estranee alla fauna indigena. A tutela dei pesci autoctoni e più in generale degli ambienti acquatici localizzati nelle aree adibite a Parco la Regione Piemonte ha emanato la Legge regionale n°36 datata 8 Giugno 1989: in particolare l'articolo 8 riduce drasticamente il ricorso ai ripopolamenti, che possono essere eseguiti con fauna autoctona, e comunque solo a seguito di uno studio ecologico complessivo. Se da un lato questa normativa ha il grande merito di interrompere un lungo periodo di disinteresse delle istituzioni su certe problematiche di conservazione faunistico-ambientale, e di porre le basi per una gestione delle risorse ittiche condotta con criteri scientifici, dall'altro essa assume un valore modesto, poichè riferita a zone troppo circoscritte. Potrebbe decisamente aumentare la sua efficacia se venisse estesa a tutta la Regione (quando non all'intero bacino padano); infatti è quasi banale il considerare come gli ambienti acquatici, ed in particolare quelli lotici, siano strettamente correlati fra loro e la fauna acquatica vi circoli liberamente. Purtroppo in sostituzione dell'art. 8 della L.R. 8 Giugno 1989, n°36 è stato promulgato l'art.2 (Boll.Uff. Reg.Piemonte, n°9, 3 Marzo 1993) che esclude dagli obblighi della precedente legge allevamenti ittici e specchi d'acqua destinati alla pesca sportiva, esattamente quegli ambienti acquatici in cui, come scritto precedentemente, si verificano di solito le operazioni più "spregiudicate". Recenti direttive CEE, riguardanti le malattie dei pesci, prevedono il controllo sanitario delle popolazioni ittiche impiegate a scopo di ripopolamento in acque pubbliche (Borghesan & Bovo,1994). In un documento a cura del direttivo della Società italiana di Ecopatologia della fauna ed approvato dall'Assemblea generale della società sono fornite linee guida atte a prevenire il rischio sanitario legato alle immissioni di fauna selvatica sul territorio nazionale (Anonimo, 1996).
Considerando questo argomento da un punto di vista generale, si dovrebbe pervenire ad una gestione delle risorse ittiche intesa in senso naturalistico, eventualmente adattando il prelievo alla naturale produttività dell'ambiente acquatico considerato, e facendo ricorso a progetti di reintroduzione solo in particolari e circostanziate situazioni. Nei rari casi in cui l'attività alieutica sia esercitata professionalmente, e rappresenti quindi una risorsa economica per le popolazioni rivierasche, va riconsiderato il sistematico ricorso ai ripopolamenti che comunque, anche in questo caso, andrebbero programmati e realizzati in modo criteriato. Con particolare riferimento alla necessità di tutelare i nostri ambienti acquatici dall'introduzione di ulteriori specie esotiche, ed in minor misura di tentare un contenimento di quelle già presenti, fatte salve le leggi che attualmente regolano l'esercizio della pesca dei pesci autoctoni nei vari e più specifici suoi aspetti, si possono formulare alcuni suggerimenti: