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Ramassin

Definizione
Il ramassin o dalmassin è una varietà di susino autoctona, tipica del Piemonte sud-occidentale, ma rinvenibile anche altrove. Presenta un frutto ovale di dimensioni miniaturizzate, che alla maturazione cade spontaneamente al suolo.
Ramassin
e dalmassin sono varianti linguistiche piemontesi (quest’ultima propria del Monregalese), che corrispondono all’italiano Damaschine, susine di Damasco. La varietà è infatti attribuita alla specie Prunus domestica L. subsp. insititia, il “susino della Siria”, di cui Damasco è capitale. Diffuso da secoli in provincia di Cuneo, è una presenza costante nei frutteti famigliari.
È una susina di piccole dimensioni - ciascun frutto pesa circa 10 g e solo in rari casi supera i 15 - ha forma ovale e colore variabile, dal giallo ambrato al blu fino al viola intenso. Uno dei segni particolari del ramassin è la caratteristica pruinosità, che ne impreziosisce l’aspetto: la buccia è velata da una sottile pellicola di cera bianca (pruina) naturalmente prodotta dalle cellule superficiali dell’epidermide. La polpa del frutto, delicato e poco serbevole, è morbida, dolce ed aromatica, ha color giallo tenue e si stacca con facilità dal nocciolo.
Il ramassin è una specie molto rustica che richiede poche cure e si mostra poco esigente anche in termini di difesa fitosanitaria. La raccolta dei frutti avviene da metà giugno a metà agosto: i ramassin vengono presi dal terreno, solo dopo la loro completa maturazione. Hanno un periodo di conservazione molto breve e durante il resto dell’anno possono essere consumati solo come trasformato in confetture, liquori o sciroppi.
Ci sono quattro diversi ceppi di ramassin:

  1. il precoce, a maturazione anticipata di circa 8-10 giorni rispetto agli altri;
  2. il viola, di colore viola scuro e con buccia vellutata, diffuso in una fascia altimetrica intermedia delle colline saluzzesi e della Valle Bronda;
  3. il rosso, presente nella pianura e nella fascia altimetrica più elevata dell'areale;
  4. il giallo, particolarmente gradito per la sua dolcezza e diffuso principalmente in pianura.

La polpa del ramassin è morbida e carnosa, la buccia è sottile come una pellicola, il profumo è intenso e pervade tutti i frutteti, e il sapore è dolcissimo: è un frutto delizioso e unico che allieta anche i palati più esigenti.

Giunti a maturazione, i ramassin si staccano dal ramo e per questa ragione vengono tradizionalmente raccolti a terra, ogni mattina. Il ramassin è un frutto delicato, poco serbevole e con una vita di scaffale limitata. L’impatto a terra ne limita ulteriormente la conservabilità e per questa ragione l’ideale è allestire le piante con reti sospese su cui far cadere i ramassin: in questo caso l’integrità del frutto consente di proporlo anche su filiere strutturate. Oltre al diffuso e tradizionale consumo domestico, i ramassin sono oggi commercializzati sui mercati all’origine (il mercato della piazza di Pagno è in assoluto il più rinomato), ma anche dirottati verso alcuni canali della grande distribuzione organizzata, sempre più interessati ad ampliare l’offerta con curiosità e primizie locali. I frutti maturano a partire dalla seconda decade di luglio fino a fine mese, ma la finestra di raccolta può variare a seconda della fascia altimetrica di coltivazione e a seconda dell’andamento stagionale. I ramassin si prestano bene sia al consumo fresco sia alla trasformazione artigianale. La raccolta concentrata in pochi giorni ha tradizionalmente favorito forme di conservazione che consentissero di disporre del prodotto trasformato anche nei mesi invernali. Ottima la confettura di ramassin, di consistenza densa, grossolana e di colore vinoso scuro. Gustosi gli sciroppati nelle burnìe, i barattoli in vetro. Le brigne sëcche erano i dolcissimi ramassin essiccati al sole, ghiotta merenda per i bambini.
Grazie alle piccole dimensioni, i ramassin sono infatti uno dei pochi frutti che, in un clima continentale come quello piemontese, si possono fare essiccare naturalmente al sole: li si apre a metà con un sol gesto delle mani a pollici affiancati, si getta via il nocciolo e distende la polpa al sole sulle tabie, le assi per la pasta. Sono infine ingrediente di gelatine e base per la preparazione di liquori aromatici. Il ramassin cotto in forno o in tegame a fuoco lento accompagna inoltre il noto e tradizionale fritto misto alla piemontese.
L’elevato contenuto di potassio fa del ramassin un alimento molto utile ai fini di prevenire disturbi quali tensione arteriosa, disordini dell’apparato digerente e crampi muscolari, coadiuvando la trasmissione dello stimolo nervoso. È una buona fonte di fibra: il consumo di ramassin - fresco o cotto - è uno dei più noti rimedi tradizionali contro l’intestino pigro. Il calcio ed il fosforo svolgono un’azione protettiva sulle ossa (soprattutto in condizioni fisiologiche particolari come la gravidanza) contro l’insorgere dell’osteoporosi. Il fosforo, in particolare, produce effetti benefici sul sistema nervoso e aiuta a mantenere la concentrazione. Il profilo vitaminico è contraddistinto dalle Vitamine A e B, l’una determinante nei processi di crescita e per la protezione dei tessuti, l’altra fondamentale per il buon funzionamento del sistema nervoso e del fegato.
Dal punto di vista agronomico, il ramassin è un albero rustico, poco esigente in fatto di cure colturali e di interventi fitosanitari, tanto da essere particolarmente adatto per la coltivazione biologica. Dimostra buone capacità di adattamento a diversi tipi di terreno (ottimali risultano essere i terreni di medio impasto, fertili ed irrigui con un pH da 6,5 a 7,5) e una particolare resistenza al gelo (fino a 25 °C sotto zero) che ne consente la coltivazione fino a 1.200 m di altitudine. Alla base emette numerosi polloni, che devono essere eliminati annualmente per evitare che assuma un portamento cespuglioso. Negli impianti professionali è spesso innestato su portinnesti non polloniferi. La pianta di ramassin è piuttosto produttiva, anche se soggetta ad alternanza, spesso accentuata da eventi climatici e dalla mancanza di regolari potature. La fioritura è medio-tardiva, un aspetto importante che offre al ramassin buone chance di scampare alle temibili gelate primaverili.
Il ramassin è una cosiddetta cultivar-popolazione, che presenta al proprio interno una certa variabilità di caratteri. Sono stati ad esempio selezionati ecotipi con maturazione leggermente anticipata, oppure con polpa più o meno dolce. Anche il colore della buccia oscilla, a seconda degli ecotipi locali, tra il bluastro e il rosso violaceo, quest’ultimo caratteristico del dalmassin del Monregalese. Sporadicamente è presente anche una curiosa variante a frutto giallo. Una tipologia di ramassin presente nel territorio saluzzese è il ramassin di Saluzzo, diffuso in particolare sulle colline e sull’altipiano saluzzese. Invece il ramassin di Pagno, che prende il nome dall’omonimo comune della Valle Bronda, si trova in uno dei territori di elezione della varietà.

Il Ramassin matura tra metà giugno e metà agosto a seconda della zona e del ceppo (precoce, giallo, rosso, viola). Dal momento che non si conserva a lungo è indicato, oltre che per il consumo fresco, anche per la preparazione di dolci, conserve e confetture. Un tempo veniva essiccato e consumato d’inverno, quando c’era scarsità di frutta fresca. Un altro uso tradizionale è quello di cuocerlo a fuoco lento per accompagnare il fritto misto alla piemontese.

Il valore nutrizionale di questa varietà di prugne è molto interessante. Possiamo osservare cosa forniscono 100 g di frutti maturi:

  • 0,7 g di proteine

  • 9,6 g di glucidi solubili
  • 7,03 g di fibra
  • 7,4 mg di calcio
  • 7,5 mg di magnesio
  • 181 mg di potassio
  • 9,4 mg di vitamina C
  • 41 kcal

Rispetto alla prugna scura comune, il Ramassin contiene un quantitativo significativamente maggiore di fibra e di vitamina C. La nota azione facilitante il transito intestinale non è però solo dovuta all’elevato contenuto di fibra, ma anche alla presenza di sorbitolo (uno zucchero ad azione osmotica) e piccole quantità di ossifenisatina (una sostanza che è stata impiegata farmacologicamente come lassativo). Il bel colore viola tradisce poi la presenza di buone quantità di antocianine, preziose sostanze antiossidanti.

Molto interessante è anche il profilo aromatico del Ramassin, caratterizzato da un bouquet di sostanze volatili (tra cui l’acetaldeide e l’etanolo) assolutamente caratteristico e che arriva alla perfezione a frutto maturo.

L’albero di Ramassin è rustico, poco esigente in fatto di cure colturali e di interventi fitosanitari, adatto per la coltivazione biologica. Si adatta bene a diversi tipi di terreno e dimostra una buona resistenza al freddo (può infatti essere coltivato fino a oltre 1.200 m di altitudine).
“La varietà è molto pollonifera” - afferma Lorenzo Berra - “quindi, per evitare il ricorso a sostanze spollonanti è opportuno ricorrere a portinnesti non polloniferi. Il Ramassin è una varietà autofertile, con epoca di fioritura pressoché contemporanea a Stanley (prima decade di aprile nel Saluzzese). Il potenziale produttivo è di 20 - 25 t/ha, anche se la varietà è soggetta ad alternanza”.

  • Zona di produzione: Il ramassin è oggi presente sia nella provincia di Torino, sia in quella di Cuneo, con maggior concentrazione nella fascia pedemontana. Tra le aree tipiche spiccano il Saluzzese (colline saluzzesi e valle Bronda), le colline del Monregalese, le colline del Torinese e quelle del Canavese. Il ramassin del Monviso è diventato Presidio Slow Food.

  • La storia: I ramassin sono un endemismo del Piemonte sud-occidentale con tracce di presenza anche nella Riviera di Ponente (Gallesio, in Pomona italiana, Pisa 1817-1839) e in Provenza. Tale distribuzione, che corrisponde alle aree delle incursioni saracene del IX e X secolo, induce a ritenere che i ramassin possano essere stati introdotti dal Medio Oriente nell’alto medioevo, una delle tante tracce della cultura e della civiltà araba nel Piemonte meridionale.
    Più azzardato è trovare una corrispondenza varietale, se non nel nome, tra i ramassin e le pruna damascena citate da Plinio e più tardi - nel IV secolo – da Rutilio Palladio, che nel De re rustica ne descrive l’attitudine all’essiccazione non dissimile da quella degli attuali ramassin (Pruna damascena… siccantur in sole per crates loco sicciore disposita. Haec sunt quae Damascena dicuntur - Vengono fatte seccare al sole disposte su graticci in posti asciutti: queste sono le susine chiamate Damaschine). Noccioli di questa specie di susino (Damson in inglese) sono stati trovati durante scavi archeologici in corrispondenza di accampamenti romani in Inghilterra e in varie parti d’Europa. È in qualche modo suggestivo pensare che gli attuali ramassin discendano dalle damaschine essiccate giunte al seguito dei legionari romani nei castra e successivamente nei municipia della Gallia cisalpina.
    Testimonianze relative alle prime forme di coltivazione organizzata si trovano negli archivi di alcuni comuni intorno a Saluzzo. La Valle Bronda divenne fin da subito un importante centro produttivo e commerciale del prodotto tanto che nel periodo di raccolta si tenevano ogni sera due mercati completamente dedicati al ramassin: uno nel comune di Pagno e l’altro nel comune di Saluzzo, in Frazione S. Lazzaro. Le forme di coltivazione più organizzata si concentrano in alcune aree circoscritte. Nel Saluzzese - precisamente in Valle Bronda – è nato nel 2006 il Consorzio di promozione e valorizzazione del Ramassin del Monviso - Valle Bronda. Sulla piazza di Pagno, da sempre, si svolge il mercato del ramassin, che un tempo si misurava in “palòt”, la piccola pala di legno utilizzata come strumento di misura. Un’altra area tipica e tradizionale di coltivazione è il Monregalese, nella fascia pedemontana tra Bastia Mondovì e Villanova Mondovì, con buona diffusione soprattutto sulle colline di Mondovì e di Monastero Vasco. Nel maggio del 2006 è nato il Consorzio “dalmassin del Monregalese” che raccoglie i produttori della zona. La presenza dei Ramassin nel Piemonte sud occidentale è fatta risalire all’alto medioevo, ma è possibile che sia da anticipare all’età romana. Le varianti dialettali in lingua piemontese dalmassìn (Monregalese), darmassìn, gramassìn (Cebano), fino a ramassìn (Saluzzese e Cuneese) sono trasformazioni del latino Prunus damascenus, susino di Damasco, Damaschine, una delle tipologie varietali afferenti alla specie Prunus insititia L. il susino della Siria, di cui Damasco è capitale.

  • Imballaggi: Forma, dimensione e materiali usati per le confezioni possono variare in funzione alle esigenze della distribuzione. I ramassin o dalmassin, in particolare, possono essere commercializzati in imballaggi in cartone alimentare o in legno. È tuttavia comune anche il confezionamento in cestini trasparenti per alimenti da 0,5 kg. I ramassin possono essere oggetto di vendita diretta dal produttore al consumatore finale, oppure possono essere conservati e confezionati presso un centro di condizionamento. Tale centro, dopo le fasi di abbattimento della temperatura, provvede alla calibratura della merce, al confezionamento e alla successiva immissione sul mercato.

  • Tutela legislativa: I ramassin sono classificati come "Prodotto agroalimentare tradizionale del Piemonte", ai sensi dell'art. 8 del D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173, del Decreto Ministeriale n. 350 dell'8 settembre 1999 e dell'Allegato alla Deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 16 aprile 2013, n. 51-5680.

  • Bibliografia:
    Donno G., 1935. Studio biometrico sul frutto di susino “della vendemmia” (Correlazioni ed osservazioni sul metodo). Estratto dagli Annali del R. Istituto Superiore Agrario di Portici Serie III - Vol. VII - 1935.
    Hehn V., 1935. Il pruno e il susino - Etimologia e storia. In: “L’Ortofrutticoltura italiana” rivista mensile di economia e tecnica ortofrutticola - Anno IV- n. 2 Febbraio 1935 – XIII.
    Baldini E., 1958. Contributo allo studio delle cultivar di susino. Indagine pomologica comparativa sulle cultivar introdotte a Firenze presso il Centro Miglioramento Piante da Frutto e da Orto del C.N.R.
    Estratto dalla: “Rivista di Ortoflorofrutticoltura italiana” - Anno 83 - Vol. XLII, n. 5-10, 1958 - Vallecchi Editore Officine Grafiche Firenze.
    Morettini A., 1960. Orientamenti per la scelta delle cultivar di susino. Estratto da: “La coltura del susino” - Numero speciale della Rivista di Ortoflorofrutticoltura Italiana, Anno 85°, Volume XLIV.
    Rico Gulin, Ij Ramassin, in Musicalbrande, settembre 1983, numero 99, p.13.
    Re G., Bosio A., Giacalone G., 2002. Individuazione e descrizione del germoplasma piemontese di susino, cotogno e nespolo. Programma di ricerca, sperimentazione e dimostrazione agricola.
    Pellegrino S., 2006. Dal Piemonte un frutto in miniatura. Ortofrutta Italiana, 6: 94.


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(foto di: Aree protette Po Torinese)
 
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